La Distribuzione del Vino in Unione Europea

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L’UE: un mercato unico del vino con sfumature diverse

L’Unione Europea (EU) è un’unione economica e politica, di 28 stati membri (mentre scriviamo, la Brexit non è ancora entrata in vigore), che garantisce la libera circolazione di merci, servizi, capitali e lavoro all’interno del mercato unico il quale, al momento, costituisce approssimativamente il 25% del PIL nominale mondiale.

Il mercato dell’UE è governato da un insieme di regole che permette ai produttori di avere facile accesso al mercato comune e di distribuire i prodotti in tutti i 28 stati senza che vengano applicati dazi e con un sistema uniforme.

La regolamentazione uniforme dell’UE governa diversi settori legati alla distribuzione vinicola, fatta esclusione delle norme sui limiti di età per l’acquisto o il consumo di bevande alcoliche, di quelle riguardanti la pubblicità o vendita al dettaglio del vino, o di altri aspetti relativi alle politiche sanitarie e sociali dei singoli stati membri dell’UE.

L’UE è il più grande produttore di vino al mondo, e la maggior parte di tale produzione è concentrata nei paesi meridionali (ad esempio: Francia, Italia e Spagna). I principali importatori (ad esempio: Germania, Olanda, Austria e Danimarca) sono, storicamente, paesi nei quali la produzione interna non è sufficiente a soddisfare la domanda. Il mercato del vino dell’Europa dell’est è ancora piuttosto limitato in termini di vendite, ma sta recentemente prendendo slancio grazie al miglioramento della qualità della vita.

Ultima, ma non meno importante, è la maturità del consumatore medio: è questa la caratteristica chiave per la quale il consumatore è sempre più attento alla qualità e sostenibilità del prodotto.

Il Mercato europeo rimane, quindi, uno dei mercati di riferimento, offrendo notevoli vantaggi in termini di: regole uniformi, libera circolazione delle merci, potere d’acquisto e maturità dei consumatori. Il mercato è, però, molto competitivo, e richiede una strategia di distribuzione chiara. 

Il marchio UE: (quasi) sempre la scelta giusta

Nonostante la contraffazione non sia un fenomeno esteso, è, tuttavia, consigliabile, registrare il marchio prima di entrare nel Mercato europeo, in modo tale da proteggerlo da contraffazioni e da tentativi di registrazione o di uso di marchi simili.

Nell’UE, lo stesso marchio può essere registrato a livello comunitario e/o a livello nazionale; è, pero, raccomandabile – soprattutto per i produttori extra-UE – registrarlo presso l’UE, dato che, attraverso questa sola registrazione, il produttore acquisisce diritti esclusivi in tutti i 28 paesi.

In generale, le procedure si completano nel giro di 10 mesi (5, qualora vi siano certe condizioni), ed il diritto di precedenza sul marchio viene acquisito al momento di presentazione della relativa domanda. La registrazione ha una durata di 10 anni e si può rinnovare indefinitamente.

Un altro dei vantaggi della registrazione presso l’UE sono le tariffe: il costo della domanda per registrare un marchio europeo è di gran lunga inferiore di quanto lo sarebbe presentare le domande a livello nazionale in tutti i paesi membri. La registrazione a livello nazionale sarebbe, dunque, da valutare solo nel caso in cui si operasse in meno di tre o quattro paesi comunitari.

Il lato negativo della registrazione del marchio UE è che, data la grandezza dell’UE, la probabilità che sorgano conflitti con marchi preesistenti aumenta: la miglior prassi da seguire è affidarsi ad un professionista qualificato, che, attraverso ricerche di anteriorità, cercherà nomi e marchi prima di presentare la domanda. 

Le categorie di qualità del vino in UE

Fino al 2008 i vini europei erano divisi in due macro-categorie di qualità: vini da tavola e vini di qualità prodotti in regioni determinate. Nel 2008 l’UE ha deciso di uniformare la categorizzazione delle diverse qualità di vino (e delle altre bevande alcoliche) a quella degli altri prodotti alimentari e, pertanto, ha distinto tra i vini a Origine Geografica e i vini non a Origine Geografica: i primi (a loro volta distinti tra DOP e IGP) sono quelli che possiedono un legame territoriale e un disciplina-re, i secondi non hanno né un legame territoriale, né disciplinare di produzione e corrispondono, in sostanza, a quelli che precedentemente venivano definiti “vini da tavola".

Ad oggi, esistono 1306 denominazioni di origine in UE (di cui 474 in Italia, 380 in Francia e 102 in Spagna) e 460 indicazioni geografiche protette (di cui 129 in Italia, 116 in Grecia e 75 in Spagna).

Anche stati extra-UE possono richiedere l’utilizzo di queste categorie di qualità, tant’è vero che l’UE riconosce due vini con denominazione di origine protetta (1 in Brasile, 1 negli USA) e 442 vini con indicazione geografica (di cui 153 in Sud Africa, 78 in Australia, 37 in Svizzera e 36 in Albania).

Le informazioni nell'etichetta del vino

Le informazioni contenute nelle etichette si dividono in obbligatorie e facoltative: la lista varia a seconda della categoria del vino, e viene specificata in maniera diversa per certi tipi speciali di vini. Ciononostante, tutte le etichette devono fornire almeno le seguenti informazioni:

  • la denominazione di vendita del prodotto (le informazioni saranno diverse, a seconda del vino);
  • il volume nominale;
  • il titolo alcolometrico volumico reale, seguito dal simbolo “% vol” e preceduta, facolta-tivamente, dalle espressioni “titolo alcolometrico effettivo” o “alcole effettivo” o dall’abbreviazione “alc”;
  • il numero di lotto;
  • la presenza di solfiti, nel caso vi fossero;
  • per i vini d’importazione: il paese di origine, il nome originale e, nel caso di prodotti ot-tenuti da una miscela di vini o di uva vendemmiata in un paese terzo, l’indicazione di queste informazioni.


Tutte le informazioni obbligatorie devono essere indicate nel medesimo campo visivo della bottiglia, oltre a dover essere chiaramente leggibili. Tuttavia, i riferimenti riguardo agli ingredienti, il numero di lotto e l’importatore, ove applicabili, possono figurare fuori del campo visivo.

Le informazioni facoltative devono essere chiaramente distinguibili dalle informazioni obbligato-rie di cui sopra.

Come visto in precedenza, la legislazione dell’UE definisce anche l’uso delle denominazioni, dei termini che si riferiscono a determinati metodi di produzione, alla dolcezza (da secco a dolce), alla varietà dell’uva ed all’annata, a certe forme della bottiglia e tipi di chiusura; categorie, queste, che conformano i prodotti a requisiti strettamente determinati.

Le informazioni obbligatorie devono figurare in un linguaggio di facile comprensione per il consumatore dello stato membro nel quale il prodotto è commercializzato, ed ogni stato può stabilire che le informazioni siano fornite in una o più lingue. 

Importare vino da paesi extra CE: il documento VI1

Gli esportatori di paesi terzi devono presentare un attestato ed un bollettino d’analisi (entrambi redatti da un organo competente del paese d’origine) che dimostrino la conformità dei vini esportati con le pratiche enologiche permesse dall’UE: si tratta del cosiddetto "documento VI1", che, al ricorrere di determinate circostanze, può essere anche prodotto dall’esportatore mediante auto-certificazione (c.d. "versione semplificata").

L’attestato ed il bollettino d’analisi non sono richiesti per prodotti etichettati in contenitori di meno di 5 litri muniti di chiusura non riutilizzabile e che formino parte di una spedizione il cui totale non superi i 100 litri.

Il vino all'interno del mercato UE

L’UE è un’Unione Doganale, il che significa che non vi sono barriere doganali tra i paesi membri e che tutti questi hanno in una tariffa doganale comune per le merci importate. Inoltre, una volta pagati i dazi doganali e superata l’ispezione per l’ottemperanza delle condizioni per l’importazione, le merci importate sono libere di circolare all’interno del resto dell’UE senza ulteriori controlli doganali.

Tutti i prodotti sono classificati mediante un codice tariffario doganale, contenente informazioni sulle aliquote dei dazi e su altre imposte connesse all’importazione ed esportazione, così come qualsiasi misura di protezione applicabile (per esempio l’antidumping), le statistiche del commer-cio estero, le formalità di importazione ed esportazione ed altri requisiti non tariffari.

Per lo sdoganamento, devono essere presentati i seguenti documenti:

  • fattura commerciale, contenente tutte le informazioni di base, come: nome ed indirizzo dell’importatore e dell’esportatore, descrizione delle merci (nome, qualità, ecc.), quantità delle merci, valore unitario, valore complessivo degli articoli, valore complessivo fatturato e moneta usata per il pagamento, termini dello stesso, consegna e mezzo di trasporto.
  • dichiarazione di valore in dogana, che deve essere presentata qualora il valore delle merci importate ecceda i 20.000,00 €.
  • documenti di trasporto.
  • elenco degli imballaggi, che è un documento commerciale che contiene informazioni sugli articoli importati e dettagli sull’imballaggio di ogni spedizione (peso, dimensioni, problemi di gestione).
  • dichiarazione doganale d’importazione: tutte le merci importate nell’UE devono essere dichiarate alle autorità doganali dei rispettivi stati membri attraverso questo documento, che deve essere redatto in una delle lingue ufficiali dell’UE. Il modulo per la dichiarazione d’importazione comune a tutti gli stati membri è denominato “Documento Amministrativo unico” (SAD), nel quale vanno inserite le seguenti informazioni: dati dei soggetti che prendono parte alle operazioni (importatore, esportatore, rappresentante, ecc.); regime o controllo doganale; dati identificativi delle merci (codice Taric, peso, unità), ubicazione ed imballaggio; informazioni riguardo ai mezzi di trasporto; dati sul paese d’origine, sul paese di esportazione e di destinazione; informazioni commerciali e finanziarie (Incoterms, valore fatturato, moneta di fatturazione, tasso di cambio, assicurazione, ecc.); lista dei documenti associati al SAD (licenze di importazione, attestato d’ispezione, documento d’origine, documento di trasporto, fattura commerciale, ecc.); dichiarazione e metodo di pagamento delle tasse d’importazione (dazi, IVA, accise, ecc.).


La tassazione - esclusi i dazi doganali - è stabilita dagli stati membri, con l’unico limite - riguardante il mercato interno (ovvero: esportazioni all’interno dell’unione doganale) - di non imporre, direttamente o indirettamente, sui prodotti degli altri stati membri, nessuna tassazione interna superiore a quella imposta, direttamente o indirettamente, su prodotti interni simili.

Dazi doganali: sono calcolati sulla base della dichiarazione del valore in dogana e dipendono dal tipo di vino e dal tipo di imbottigliamento. Alcuni paesi terzi (per esempio il Cile) con il quale l’UE ha concluso accordi bilaterali, godono di esenzioni o riduzioni dei dazi (qui l’elenco).

Accise: Il vino diventa soggetto ad accisa non appena viene prodotta o importato nell'UE. L’imposta, però, può essere sospesa e non va pagata fino a quando il prodotto è immesso al consumo, ossia fino al momento in cui i prodotti non sono più in regime di sospensione dell'accisa. Si noti che per poter produrre, tenere in deposito o trasportare prodotti soggetti ad accisa senza essere tenuti a pagare l'imposta (in regime di sospensione dell'accisa) occorre un'autorizzazione speciale del paese in questione. Le accise vengono pagate da:

  • la persona o l'impresa che è il depositario autorizzato del luogo in cui la merce è prodotta, spedita o ricevuta;
  • qualsiasi altra persona che ha determinato l'uscita dei prodotti dal regime di sospensione dell'accisa;
  • la persona che dichiara l'importazione, se le merci sono importate e non immediatamente poste in regime di sospensione.


Per poter trasportare le merci mantenendo la sospensione dell'accisa (che verrà pagata dall'ac-quirente nel paese di destinazione in base alle aliquote previste in tale paese), il venditore deve: (i) fornire una garanzia contro i rischi di trasporto; (ii) inviare all'autorità competente un documento amministrativo elettronico attraverso il sistema informatizzato per il controllo dei movimenti (EMCS); al contempo l’acquirente deve (iii) confermare nel sistema EMCS entro 5 giorni la-vorativi il ricevimento della merce.

Chi vende vino a consumatori nel proprio Stato membro è tenuto ad applicare i diritti di accisa secondo le aliquote del proprio Stato; mentre se lo vende via internet ad un consumatore in un altro Stato, è tenuto a pagare i diritti di accisa secondo le aliquote del paese in cui vive il consumatore.

La legislazione UE non impone aliquote minime di accise sul vino (diversamente da quanto accade, ad esempio, con la birra), il che significa che gli Stati membri sono liberi di applicare, o meno, le accise. La quantificazione dettagliata delle accise sul vino in ogni stato UE si trova qui.

Imposta sul Valore Aggiunto (IVA): le aliquote variano da un paese UE all’altro; è, quindi, necessario controllare caso per caso. Al momento, le aliquote IVA variano da un minimo del 17 % (Lussemburgo) ad un massimo del 27% (Ungheria).

I contratti per la distribuzione internazionale del vino

I contratti per la distribuzione di prodotti all’interno dell’UE, con la sola eccezione del Belgio, sono atipici, quindi non sono codificati nelle normative statali, il che rende evidente la necessità di negoziare ed eseguire contratti completi e ben bilanciati, dato che questi saranno la principale fonte di diritti e obbligazioni delle parti.

Altro importante punto da tenere in considerazione è che, in alcune giurisdizioni (Portogallo, Spagna, Germania), il distributore, al ricorrere di determinate condizioni, può avere diritto all’indennità di fine rapporto simile a quella riservata agli agenti di commercio e ciò può portare a richieste di indennità particolarmente elevate, specialmente nei casi di contratti di lunga durata e con alti fatturati (per maggiori informazioni sull’argomento, si fa riferimento al relativo articolo su Legalmondo).

Prendendo in esame i sistemi di distribuzione degli stati membri dell’UE, bisogna anche tenere presente la legislazione comunitaria vigente in materia di concorrenza, che proibisce contratti fra due o più operatori del mercato che abbiano l’effetto di limitare la concorrenza (soprattutto con riferimento agli accordi verticali tra aziende che operano a livelli diversi, come il caso di un contratto tra il produttore vinicolo e il suo distributore(i) nel Mercato europeo).

In breve, sono proibiti i seguenti patti, in virtù della legislazione EU in materia di concorrenza:

  • fissare il prezzo di rivendita da parte del distributore ai clienti;
  • vietare la vendita di prodotti a clienti residenti fuori dal territorio assegnato al distributore (mentre è lecito il divieto di azioni promozionali dirette a clienti residenti fuori dal territorio);
  • vietare al distributore di vendere prodotti attraverso il commercio elettronico e/o sul mercato di terzi (per maggiori informazioni sull’argomento: Legalmondo).


A seguire, i nostri consigli su come negoziare un contratto di distribuzione in Europa:

  • definire in maniera chiara il modello di business. Agenzia commerciale, vendite una tantum, distribuzione, licenza per aprire negozi monomarca o vendita online attraverso un virtual store: è essenziale avere ben chiaro come il distributore o il partner commerciale opererà nel mercato ancor prima di cominciare a negoziare un contratto, soprattutto nel caso vi sia la necessità di armonizzare la distribuzione di più operatori in aree geografiche o canali commerciali diversi. 

  • concedere l’esclusiva solo a certe condizioni. L’esclusiva a favore del distributore deve essere una scelta attentamente ponderata e, se necessario, può essere limitata a determinate aree geografiche o a certi canali di distribuzione (per esempio, su un mercato online), nelle quali è bene prevedere che il distributore garantisca – come contropartita per la concessione dell’esclusiva - di raggiungere un certo fatturato minimo. Inoltre, è fondamentale definire un piano di azione “omnichannel” (online ed offline) per evitare conflitti d’interesse nella rete di distribuzione. 

  • diritto applicabile e giurisdizione in materia. La scelta deve essere inserita nel contratto in maniera esplicita, tenendo sempre in considerazione eventuali precedenti giurisprudenziali riguardo l’indennità di fine rapporto a favore del distributore in certi stati. L’arbitrato rappresenta una valida alternativa, dato che tutti gli stati membri della UE fanno parte della convenzione di New York del 1958 e l’esecuzione di un lodo arbitrale è, nella maggior parte dei casi, più facile e veloce rispetto al procedimento di riconoscimento di una sentenza di un tribunale extra-UE. Per maggiori informazioni sull’argomento, leggere l’articolo su Legalmondo.

Contratti di agenzia per la promozione della vendita del vino

Le relazioni fra gli agenti commerciali ed i preponenti sono soggette alla direttiva CE 86/653, che definisce un sistema armonizzato, recepito dalle normative nazionali degli stati membri.

L’agente commerciale è definito come un intermediario indipendente che ha l’incarico permanente di negoziare la vendita o l’acquisto di merci in nome di un’altra persona.

Nonostante le parti di un contratto di agenzia siano libere di scegliere la legge applicabile al rapporto contrattuale, è bene specificare che, nel caso in cui un agente commerciale svolge la propria attività all’interno dell’UE, non è possibile derogare ad alcuni diritti concessi dalla Direttiva a protezione dell’agente (in particolare il diritto all’indennità di fine rapporto e ad un periodo minimo di preavviso per il recesso dal contratto), anche nel caso in cui il preponente avesse la propria sede fuori dall’UE (mentre nel caso in cui l’agente operasse fuori dall’UE, invece, sarebbe possibile derogare a queste tutele, sul punto si veda questo articolo su Legalmondo).

È inoltre importante ricordare che gli stati membri hanno recepito la direttiva in modi diversi riguardo ai criteri per il calcolo dell’indennità o dei diversi termini minimi di preavviso in caso di risoluzione: tali disposizioni sono, in genere, obbligatorie nello stato in questione e non possono essere derogate. Si consiglia, quindi, nel momento della stesura del contratto, di verificare con attenzione le caratteristiche della normativa ed i precedenti giurisprudenziali dello stato nel quale l’agente svolge la sua attività. 

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