Franchising – Le promozioni a prezzi bassi possono costare care!

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I franchisor (affilianti) possono condurre campagne pubblicitarie a prezzi bassi. Tali campagne, tuttavia, possono costare care, se le stesse hanno un effetto anticoncorrenziale, in particolare se, di fatto, forzano il franchisee (affiliato) a offrire i prodotti ai prezzi più bassi.

Un esempio interessante è quello della campagna sui prezzi per “l’hamburger della settimana”, oggetto della decisone del Tribunale regionale di Monaco di Baviera del  26 ottobre 2018 (fascicolo n. 37 O 10335/15).

Il caso

In aggiunta all’obbligazione di pagare royalties in cambio dell’uso dei sistemi di franchising e dei suoi marchi commerciali (5%), gli accordi di franchising obbligavano  i franchisee a pagare un compenso per la pubblicità parametrato sull’andamento delle vendite. Il franchisor usava i compensi pagati per la pubblicità dai franchisee, tra le altre cose, per pubblicizzare prodotti presenti sul menù dei franchisee a prezzi bassi, ad esempio con lo slogan “King of the Month”.

Grazie alla partecipazione alle campagne pubblicitarie con relativi prezzi bassi, le vendite dei franchisee aumentavano e con esse anche le royalties che dovevano pagare al franchisor.

Dopo un po’ di tempo, però, i franchisee realizzarono che tale campagna pubblicitaria causava loro un danno economico, perché i prodotti offerti a un prezzo basso cannibalizzavano la vendita dei prodotti offerti a prezzo normale (“effetto di cannibalizzazione”). Di qui la decisione di non partecipare alla campagna e chiedere una riduzione appropriata del compenso pubblicitario da pagare e di agire in giudizio al fine di far bloccare l’applicazione del compenso per la pubblicità in relazione alla campagna pubblicitaria contestata.

Il Tribunale Regionale accoglieva entrambe le domande con la motivazione che  le campagne pubblicitarie avevano un effetto restrittivo della concorrenza, ossia della facoltà per il franchisor di stabilire propri prezzi di vendita, in contrasto con il paragrafo 1 e 2 (2) della Legge tedesca sulle restrizioni della concorrenza e art. 2 (1), art. 4 a) del Regolamento Europeo di Esenzione per categoria in base agli accordi verticali. In sostanza,  il franchisor determinava, secondo la Corte, il prezzo di rivendita tramite l’effetto vincolante di fatto della campagna pubblicitaria.

La decisione è in linea con la precedenza giurisprudenza, in particolare con le decisioni della Corte Federale tedesca su campagne su prezzi minimi di franchisor nei settori di

  • Noleggio di autoveicoli (“Sixt ./. Budget”, 02.02.1999, fasc. n. KZR 11/97, par. 30),
  • Cibo per animali (“Fressnapf”, 04.02.2016, fasc. n. I ZR 194/14, para. 14), e
  • Occhiali nell’ambito di un sistema di distribuzione duale dove il franchisor vendeva i prodotti tramite le proprie filiali nonché tramite franchisee, senza far distinzione tra operazioni di filiale e di franchisee (“Apollo Optik”, 20.05.2003, fasc. n. KZR 27/02, para. 37).

Indicazioni pratiche

Le Obbligazioni che sono essenziali per far funzionare il sistema di franchise non restringono la competizione nell’ambito degli scopi delle norme UE sull’antitrust (in modo simile alla “dottrina delle restrizioni accessorie” presente nel diritto USA). In particolare, le seguenti restrizioni costituiscono i componenti tipicamente indispensabili per un accordo franchise applicabile:

  • Restrizioni del trasferimento di know-how;
  • Obbligazioni di non concorrenza (durante e dopo la scadenza dell’accordo), che proibiscano al franchisee di aprire un negozio di natura uguale o simile in una zona in cui potrebbe entrare in concorrenza con altri membri della rete di franchising;
  • Obbligazioni del franchisee di non trasferire il proprio negozio senza previa approvazione del franchisor.

(cfr. Corte di Giustizia UE, 28.01.1986, caso “Pronuptia, fasc. n. 161/84 par. 16 e 17).

I sistemi di franchise non sono esentati, di per sé, da divieti di restrizione di concorrenza. Perciò, si deve prestare attenzione nel conformarsi alle norme antitrust UE al fine di evitare pesanti sanzioni e assicurare l’esecuzione dell’accordo di franchising.

Il divieto di fissazione di prezzo (o imposizione del prezzo di rivendita) si applica alla relazione tra il franchisor e il franchisee se il franchisee sopporta il rischio economico della propria impresa. Al fine di evitare che una tale campagna pubblicitaria con prezzi di rivendita raccomandati costituisca una fissazione del prezzo contraria alla concorrenza, occorre valutare approfonditamente il caso concreto. Ciò che consente di escludere  un effetto vincolante in via di fatto è:

  • L’aggiunta di una nota chiarificatrice: “Solo a ristoranti partecipanti a… . Fino ad esaurimento scorte.
  • Assicurare che tale nota sia chiaramente visibile, per es. aggiungendo un asterisco “*” al prezzo.
  • Evitare ogni misura che possa essere interpretata come pressione o incentivo per il franchisee e che trasformerebbe il prezzo raccomandato in un prezzo fisso (per es. perché un altro prezzo porterebbe a conseguenze negative).

Tali campagne pubblicitarie possono funzionare – come mostra una decisione di una Corte UK del 2009 (BBC, caso Burger King, dove i franchisee avevano contestato al franchisor che “ una promozione dell’impresa richiedeva all’affiliato di vendere un doppio cheeseburger per $1 per un costo di produzione di $1.10”. La Corte in quel caso aveva ritenuto legittima la campagna, sulla base degli elementi sopra indicati, I franchisor possono persino imporre il prezzo di rivendita, ma occorre che tali campagne siano preparate con grande attenzione.

Per un quadro d’insieme sul mantenimento di prezzi di rivendita, rimando al precedente articolo su Legalmondo Contratti di distribuzione e fissazione del prezzo minimo di rivendita.

Il mantenimento di prezzi di rivendita può costare caro. Nel 2018, la Commissione Europea ha emesso multe dell’ammontare di circa 111 milioni di euro contro quattro produttori di elettrodomestici di consumo – Asus, Denon & Marantz, Philips e Pioneer – per aver fissato prezzi online di vendita fissi (cfr. Il comunicato stampa del 24 luglio 2018).

Benedikt Rohrssen
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