Distribuzione online e restrizioni alle vendite – sentenze recenti

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Prodotti di lusso giustificano divieti di distribuire su piattaforme terze” recita il Comunicato stampa n. 30/2018 della Corte d’Appello di Francoforte del 12.07.2018.

Dopo la sentenza Coty della CGUE, a lungo attesa (vedi l’articolo di dicembre 2017 https://www.legalmondo.com/it/2017/12/corte-di-giustizia-ue-ammette-la-restrizione-alle-vendite-online-sentenza-coty/), la Corte d’Appello di Francoforte sul Meno ha applicato le indicazioni della CGUE, (i) ribadendo la possibilità di limitare la rivendita attraverso piattaforme terze. Nel corso di questo post, inoltre, vedremo anche la (ii) recente pronuncia della Corte d’Appello di Amburgo, che ha esteso il principio della sentenza Coty anche ad altre merci dal valore qualitativo elevato, ma al di fuori del segmento del lusso. In conclusione, poi, (iii) alcuni suggerimenti pratici.

Prodotti di lusso giustificano i divieti di usare piattaforme

Ai sensi della sentenza della Corte d’Appello di Francoforte, Coty può inibire al distributore la distribuzione tramite piattaforme di terzi. Nel contratto di distribuzione selettiva adottato da Coty, ogni rivenditore era libero di instaurare cooperazioni pubblicitarie con piattaforme terze, nelle quali i clienti vengono indirizzati al negozio internet del rivenditore. Il divieto di distribuzione su market-place, sarebbe invece ammissibile già sulla base del Regolamento sulle esenzioni per categorie di accordi verticali, in quanto non rappresenterebbe una restrizione fondamentale. Il divieto di distribuzione potrebbe essere esentato persino dal divieto di cartelli nell’ambito di una distribuzione selettiva; nel presente caso sarebbe soltanto dubbio se il divieto di qualsiasi “cooperazione di vendita con una piattaforma terza riconoscibile esternamente da altri e senza riguardo alla sua concreta strutturazione stia in rapporto ragionevole con il fine perseguito” (testo tradotto dall’originale in tedesco), sia quindi proporzionato o incida sull’attività concorrenziale del rivenditore. La Corte ha lasciato aperta questa questione.

Anche altri merci di alto valore giustificano i divieti di usare piattaforme

Il caso deciso dalla Corte d’Appello di Amburgo (Decisione del 22.03.2018, fasc. n. 3 U 250/16) concerne un sistema di distribuzione selettiva qualitativo per integratori alimentari e cosmetici, il quale avviene tramite Network Marketing così come via Internet. Le linee guida distributive contengono, tra le altre cose, concrete indicazioni sulla pagina internet del rivenditore, possibilità di prendere direttamente contatto con i clienti in base al “principio della vendita di merci fatta su persona” (in quanto il sistema distributivo mira a vendere il prodotto tagliato sulle esigenze personali dei clienti nell’ambito di una consulenza personalizzata) così come della qualità dell’informazione e della rappresentazione del prodotto. Espressamente vietata sarebbe “la distribuzione … tramite eBay e altre piattaforme commerciali internet paragonabili”, in quanto esse non sarebbero conformi ai requisiti qualitativi, in ogni caso non “in base allo stato attuale” (testo tradotto dall’originale in tedesco).

Il Tribunale di prima istanza ha ritenuto ammissibile il divieto di far uso di piattaforme (Tribunale di Amburgo, sentenza del 04.11.2016, fasc. n. 315 O 396/15) – cosa che la Corte d’Appello di Amburgo ha ora confermato. Ciò in quanto, secondo la Corte d’Appello, sistemi di distribuzione selettiva qualitativi sarebbero ammissibili non solo per beni di lusso e tecnicamente dal valore alto, bensì anche per (ulteriori) merci di alto valore qualitativo, “qualora le merci distribuite siano di alta qualità e la distribuzione sia indirizzata a prestazioni accompagnatorie di consulenza e assistenza per il cliente, con cui tra l’altro si persegue il fine di spiegare al cliente un prodotto finale il quale nel complesso sia sofisticato, qualitativamente di alto valore e dal prezzo elevato e di costruire o conservare una particolare immagine del prodotto” (testo tradotto dall’originale in tedesco).

Nell’ambito di un tale sistema di distribuzione selettiva per la distribuzione di integratori alimentari e cosmetici potrebbe quindi essere ammissibile “tramite corrispondenti linee guida d’impresa, vietare al partner distributivo la distribuzione di tali merci su determinate piattaforme di vendita online, al fine di preservare l’immagine di prodotto e la prassi di una consulenza legata al cliente in grado di contribuire a creare tale immagine, così come al fine di evitare pratiche commerciali di singoli partner distributivi lesive dell’immagine del prodotto e dell’immagine, le quali siano state accertate nel passato e conseguentemente perseguite” (testo tradotto dall’originale in tedesco).

Una particolarità qui: non si trattava di “puri prodotti di prestigio“ – inoltre la Corte d’Appello non si era limitata all’accertamento che il divieto di usare piattaforme fosse ammissibile ai sensi dell’art. 2 Regolamento sulle esenzioni per categorie di accordi verticali e pratiche concordate, ma la Corte ha declinato in modo preciso e passo-passo i c.d. criteri Metro. 

Conclusioni

  1. Internet resta un motore di crescita per beni di consumo, come anche i dati di mercato della associazione commercianti della Germania confermano: “Online-Handel bleibt Wachstumstreiber“.
  2. Al tempo stesso, proprio i produttori di marca vogliono una crescita regolata ai sensi delle regole del loro sistema di distribuzione e secondo le loro indicazioni. Di ciò fanno parte, proprio per prodotti di lusso e tecnicamente sofisticati così come ulteriori prodotti richiedenti una consulenza intensiva, indicazioni stringenti sulla pubblicazione della marca e sulla pubblicità (indicazioni su clausole applicabili a negozi fisici, divieti di piazze di mercato) e sui servizi da fornire (ad es. chat e/o numero telefonico con indicazioni sulla disponibilità).
  3. I produttori dovrebbero verificare se i loro divieti di usare piattaforme siano conformi ai requisiti della CGUE oppure se essi possono instaurare divieti di usare piattaforme – nella distribuzione selettiva, esclusiva, di franchising e in quella aperta.
  4. Chi vuole correre minori rischi possibili, dovrebbe, al di fuori della distribuzione selettiva di merci di lusso, essere ancora prudente con divieti di usare piattaforme – ciò in quanto anche l’Ufficio Federale dei Cartelli ha come prima reazione dichiarato che la sentenza Coty vale solo per prodotti originariamente di lusso: #Produttori di marca non hanno, ora come prima, nessuna carta bianca per #divieti di piattaforme. Prima valutazione: Ripercussioni limitate sulla nostra prassi” (BKartA su Twitter, 6.12.2017). In senso contrario si è ora posizionata la Commissione Europea: nella sua “Competition Policy Brief” di Aprile 2018 („EU competition rules and marketplace bans: Where do we stand after the Coty judgment?“) la Commissione – alquanto tra parentesi – tiene fermo il fatto che l’argomentazione adottata dalla CGUE nel caso Coty vale anche indipendentemente dal carattere di lusso dei prodotti distribuiti:

Gli argomenti prodotti dalla Corte sono validi indipendentemente dalla categoria di prodotti coinvolti (ossia, nel caso di specie, beni di lusso) e sono applicabili egualmente a prodotti non di lusso. Se un divieto di usare piattaforme ha l’obiettivo di restringere il territorio in cui il prodotto può essere venduto o i consumatori a cui il distributore può vendere i prodotti o se limita le vendite passive del distributore, ciò non può logicamente dipendere dalla natura del prodotto coinvolto.” (traduzione dal testo originale in inglese)

Effettivamente la Corte di Giustizia UE nella sentenza ha definito “merci di lusso” in modo ampio: come merci la cui qualità “non poggia solo sulle sue caratteristiche materiali”, bensì su valori immateriali – cosa che per quanto riguarda merci di marca generalmente risulta vero (cfr. sentenza Coty della Corte di Giustizia UE del 06.12.2017, n. 25 così come, per quanto riguarda “merci di qualità”, le Conclusioni finali del 26.07.2017 dell’Avvocato Generale presso l’UE, n. 92). Inoltre la Corte di Giustizia UE richiede soltanto che le merci siano comprate “anche” per il loro carattere di prestigio, non “soltanto” o “soprattutto” per quello. Tutto ciò gioca a favore dei produttori di marca, che pare possano assumere divieti di utilizzo di piattaforme nei loro contratti di distribuzione – quantomeno entro una quota di mercato fino a un massimo del 30%.

  1. Chi non ha alcun timore di affrontare rivenditori e autorità dei cartelli, può erigere divieti di utilizzo di piattaforme assolutamente anche al di fuori della distribuzione selettiva di merci di lusso – o puntare in modo ancora più forte su prodotti Premium o di lusso – come ad esempio nel caso della catena di profumi Douglas (cfr. Süddeutsche Zeitung dell’08.03.2018, pag. 15: “Attiva e non convenzionale, Tina Müller termina gli sconti presso Douglas e punta sul lusso”(traduzione dal testo originale in tedesco)).
  2. Per assicurare una qualità uniforme della distribuzione si possono inserire delle indicazioni qualitative stringenti, soprattutto rispetto alla distribuzione online. La lista delle possibili indicazioni qualitative è molto ampia. Tra questi, si riportano alcune “Best Practice” piuttosto frequenti:

– Il posizionamento come rivenditore (piattaforma, assortimento, comunicazione)

– la configurazione della pagina internet (qualità, l’impressione, ecc.)

– il contenuto e l’offerta di prodotto della pagina internet,

– la esecuzione delle compravendite online,

– la consulenza e il servizio clienti così come

– la pubblicità.

  1. Essenziale è inoltre che i produttori non possono vietare completamente il commercio internet ai rivenditori e le indicazioni distributive non possono nemmeno avvicinarsi a un tale completo divieto – come ora vedono i tribunali nel caso del divieto di usare strumenti di ricerca dei prezzi da parte di Asics, vedi a tal riguardo l’articolo dell’aprile 2018 (https://www.legalmondo.com/it/2018/04/germania-divieto-strumenti-di-comparazione-prezzi-e-pubblicita-su-piattaforme-terze/).
  2. Ulteriori dettagli sono presenti nelle riviste giuridiche in lingua tedesca:

– Rohrßen, Vertriebsvorgaben im E-Commerce 2018: Praxisüberblick und Folgen des „Coty“-Urteils des EuGH, in: GRUR-Prax 2018, 39-41

– Rohrßen, Internetvertrieb von Markenartikeln: Zulässigkeit von Plattform-verboten nach dem EuGH-Urteil Coty, in: DB 2018, 300-306

– Rohrßen, Internetvertrieb: „Nicht Ideal(o)“ – Kombination aus Preissuchmaschinen-Verbot und Logo-Klausel, in: ZVertriebsR 2018, 120-123

– Rohrßen, Internetvertrieb nach Coty – Von Markenware, Beauty und Luxus: Plattformverbote, Preisvergleichsmaschinen und Geoblocking, in: ZVertriebsR 2018, 277-285.

Benedikt Rohrssen
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