-
Cina
Come negoziare un contratto in Cina
23 Giugno 2025
- Contratti
- Distribuzione
Come si affronta la negoziazione di un accordo commerciale con la Cina?
Sulla base della mia esperienza, esaminiamo le questioni da affrontare e le principali domande da porre, prendendo come esempio pratico la negoziazione di un accordo di distribuzione commerciale.
Cominciamo con la prima questione che è importante chiarire.
Bel biglietto da visita – Ma chi è questo tizio?
Biglietti da visita, siti web, brochure stampate o digitali, presentazioni e qualsiasi altro materiale condiviso in inglese non hanno valore ufficiale in Cina.
La ragione sociale della controparte e il nome e cognome delle persone che la rappresentano o che agiscono per suo conto, scritti in inglese, sono solo nomi di fantasia, creati per rendere più agevoli le relazioni con controparti straniere.
Per avere la certezza dei dati societari e dell’identità delle persone, è necessario richiedere le informazioni in cinese, con particolare riferimento alla business license della società (equivalente all’estratto della Companies House o della Camera di Commercio), da cui si possono desumere la denominazione, l’oggetto sociale, il capitale sociale registrato e versato, i soci e il rappresentante legale.
I dati possono essere verificati accedendo al portale della State Administration of Industry and Commerce (SAIC) della provincia in cui ha sede la parte cinese.
Questa prima verifica è fondamentale per non perdere tempo o addirittura incorrere in truffe (qui un articolo di approfondimento).
Se non registrate il vostro marchio, lo farà qualcun altro
Prima il marchio, poi gli affari. In Cina vige il sistema del first-to-file, che significa che il primo che registra un marchio – non necessariamente il titolare del marchio originale registrato all’estero – ne acquisisce la proprietà. Questo pone un grave rischio: se non avete registrato il vostro marchio in Cina, qualcun altro potrebbe farlo prima di voi, impedendovi di utlizzarlo e spesso chiedendo un lauto compenso per cederlo. Anche personaggi di spicco come Elon Musk e Michael Jordan sono stati coinvolti in costose e lunghe controversie con soggetti che avevano registrato per primi il loro marchio in Cina. Se ciò accade, ottenere la restituzione del marchio è molto complicato, se non impossibile.
Per evitare di trovarsi in questa situazione, il consiglio è di registrare i vostri marchi per tempo, anche prima di entrare nel mercato cinese. Depositate direttamente presso l’Ufficio marchi cinese (CTMO) e non limitatevi alla versione in inglese, ma prendete in considerazione la possibilità di registrare anche una versione in caratteri cinesi.
Una volta coperta questa base, nel contratto è importante prevedere che il vostro partner cinese non è autorizzato a depositare la registrazione di alcuno dei vostri marchi in Cina, in caratteri latini o cinesi, e che utilizzerà i marchi e i diritti di proprietà intellettuale in stretta conformità al contratto e alle vostre istruzioni.
Per un approfondimento su come proteggere efficacemente i vostri diritti di proprietà intellettuale in Cina, consultate questo articolo dettagliato sul blog di Legalmondo.
Il contratto può attendere
Quando si negozia con un partner cinese, spesso si commette l’errore di iniziare il confronto con lo scambio di bozze di contratto. Concentratevi invece sulla sostanza, ovvero sui termini commerciali e tecnici dell’affare: a tal fine può essere utile predisporre una checklist dei punti chiave da discutere (come ad esempio prodotti, prezzi, termini di consegna, standard tecnici, assistenza post-vendita, esclusività, durata, termini di pagamento, ecc.
Prendete appunti dettagliati e verbalizzate le discussioni e una volta raggiunto un accordo sostanziale sui termini principali, questo documento può essere consegnato al vostro avvocato, che tradurrà l’intesa commerciale in un l contrattuale chiaro e coerente. Questo approccio consente di risparmiare molto tempo, in quanto evita inutili tira e molla sul contenuto legale prima che l’accordo sui punti principali sia stato raggiunto.
Il vostro NDA vi tutela in Cina?
Un accordo di riservatezza o non divulgazione (Non Disclosure Agreement – NDA) ben redatto è essenziale quando le parti intendono scambiarsi informazioni riservate, come ad esempio know-how tecnologico, strategie commerciali, dati sui fornitori o elenchi di clienti. Soprattutto nelle prime fasi della negoziazione o della collaborazione, prima della firma del contratto principale, un NDA è una protezione fondamentale.
Tuttavia, come per tutti i contratti in Cina, un modello generico di NDA, redatto sulla base di uno standard internazionale, è generalmente di utilità limitata. Per essere veramente efficace, anche l’NDA – come gli altri contratti – deve essere adattato alle specificità del mercato cinese. In particolare, è necessario assicurarsi che l’accordo sia applicabile in Cina, prevedendo un meccanismo di risoluzione delle controversie appropriato (si veda di seguito il motivo per cui dovreste prendere in considerazione l’applicazione della legge cinese e le controversie in Cina) e preveda penali in caso in caso di violazione delle obbligazioni di riservatezza.
Sebbene un buon NDA sia importante, spesso può non essere sufficiente, specie nei rapporti con fornitori o partner in accordi di trasferimento di tecnologia. In questi casi è preferibile negoziare un NNN – acronimo di Non-Disclosure, Non-Use e Non-Circumvention Agreement. A differenza degli accordi NDA standard, un accordo NNN si focalizza non solo sulla non divulgazione delle informazioni riservate, ma anche sul divieto al partner cinese di utilizzarle a proprio vantaggio o di lavorare direttamente con fornitori, clienti o partner del titolare delle informazioni. Scenario che, in Cina, è un rischio molto concreto.
Questo accordo rappresenta una garanzia imprescindibile quando si ha a che fare con produttori, fornitori, o intermediari cinesi, che altrimenti potrebbero essere tentati di replicare i prodotti o di contattare i clienti direttamente o tramite terzi.
Memorandum of Understanding: A cosa serve?
Un memorandum d’intesa (MoU) è uno strumento utile nella fase iniziale di un negoziato di una
relazione commerciale. La sua funzione è quella di una sorta di road map per le trattative future, in cui le parti delineano gli obiettivi e i patti principali degli accordi che si vogliono negoziare. Se usato correttamente, un MoU può facilitare notevolmente le trattative, garantendo che entrambe le parti si impegnino a negoziare in buona fede e condividano dall’inizio i punti chiave del futuro accordo come il prezzo, il territorio, l’esclusiva, gli obiettivi di fatturato, il budget, etc.
Tuttavia, un MoU deve essere utilizzato per quello che è: un documento preparatorio per futuri negoziati, non un contratto vincolante. Bisogna fare attenzione ad evitare di scrivere un testo che contenta già patti definitivi. Il testo deve specificare chiaramente che le parti rimangono libere di concludere o meno gli accordi finali e quali clausole non sono vincolanti – come gli obiettivi o o le tempistiche – e quali disposizioni sono invece vincolanti, tipicamente l’obbligo di riservatezza, l’esclusività durante le negoziazioni (se concordata), la legge applicabile e la modalità di risoluzione delle controversie. Un memorandum d’intesa mal redatto, che includa termini troppo precisi e dettagliati, può essere interpretato come un accordo definitivo, creando incertezza sul reale status della trattativa e degli accordi. In conclusione, i MoU sono strumenti utili, ma solo se usati correttamente. Se volete saperne di più, rimando a questo articolo.
Pessime bozze, pessimi risultati
Le tipiche bozze di contratto proposte dalle controparti cinesi sono copiate-incollate da modelli riciclati, generalmente incompleti, superficiali, mal organizzati e scritti in un pessimo inglese, che per di più non sempre corrisponde alla versione cinese del contratto.
Correggere e integrare queste bozze è assai complicato e richiede molto più tempo che partire da un buon modello, portando a risultati comunque non perfetti. Meglio prendere l’iniziativa e proporre un testo costruito in modo professionale e coerente e chiedere alla controparte di proporre eventuali modifiche e integrazioni a questa bozza.
Il vostro modello di contratto occidentale non funzionerà qui
Anche se un contratto in lingua inglese nella maggior parte dei casi, è perfettamente valido in Cina, ci sono molte ragioni per cui è sconsigliabile utilizzare nel mercato cinese modelli di contratto costruiti per altri Paesi.
Il primo è il fatto che gli accordi di matrice anglosassone, come ad esempio quelli degli Stati Uniti, fanno riferimento a un sistema di common law (basato su decisioni giudiziarie e precedenti giurisprudenziali) molto diverso da quello dei Paesi di civil law (come Cina e Italia), che deriva dalla tradizione giuridica romana, basata su un insieme codificato di leggi scritte. Ne consegue che l’impianto di un contratto sul modello anglosassone è diverso, molto più dettagliato e strutturato rispetto a quello di un tipico contratto basato su un sistema di civil law.
Inoltre, il contratto presuppone l’applicazione della legge del paese in cui era stato originariamente creato; dunque, se il contesto di regole applicabili all’accordo è diverso (es. legge italiana o cinese) si creano possibili problematiche di interpretazione e applicazione pratica. In generale, è bene che il contratto sia costruito su un modello conforme alla legge che si applicherà al rapporto.
Poiché le trattative contrattuali in Cina sono generalmente lunghe e complesse, lavorare su testi ridondanti e complicati, che riflettono sistemi giuridici diversi, non aiuta e anzi complica molto le cose.
Il fattore campo non vi aiuterà in Cina. Anzi, il contrario
Questo è un tipico punto di disaccordo nella negoziazione di un contratto internazionale: entrambe le parti vogliono che si applichi la legge del proprio Paese e che eventuali controversie siano giudicate dai tribunali nazionali.
Nel nostro caso, insistere sull’applicazione della legge italiana e del tribunale italiano non è una buona idea: va considerato, infatti, che un accordo di distribuzione si svolge, per la stragrande maggioranza, nel Paese in cui opera il distributore e dove vengono venduti i prodotti (nel nostro caso, nella Cina continentale).
In caso di controversie, l’interesse delle parti (in particolare del produttore) è quello di ottenere una decisione rapida da parte dell’organo giudicante, soprattutto se sono in corso situazioni che richiedono una tutela immediata (come la condotta sleale o la contraffazione di marchi e brevetti da parte del distributore).
Nulla di tutto ciò è possibile se ci si rivolge a un giudice italiano (con tempi lunghi di contenzioso e la necessità poi di un processo complesso e costoso per il riconoscimento e l’esecuzione della decisione in Cina); al contrario, un arbitrato in Cina, applicando la legge cinese, permette di arrivare a una decisione in tempi rapidi (in media 6-9 mesi) e, se necessario, anche di ottenere misure urgenti per fermare eventuali comportamenti sleali.
Se ci atteniamo all’esempio di un contratto di distribuzione, è consigliabile prevedere come modalità di risoluzione delle controversie un arbitrato con sede in Cina (ad esempio, presso la CIETAC) o a Hong Kong o Singapore (Paesi terzi, dove però i costi della procedura aumentano notevolmente).
Per un approfondimento, rimando a questo articolo.
La legge cinese non è un tabù
L’avvocato che vi assiste dovrebbe saperlo. Non si tratta quindi di un salto nel buio e non bisogna temere sorprese. Inoltre, va ricordato che un accordo si basa principalmente sui patti che le parti hanno scritto nel contratto: se è stato ben redatto, le regole da applicare sono chiare.
Se consideriamo gli accordi di distribuzione, teniamo presente che si tratta di un contratto quadro, all’interno del quale vengono stipulati una serie di contratti di vendita di prodotti. Se entrambi i Paesi sono parti contraenti della Convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale di beni mobili (CISG), le regole uniformi, chiare ed equilibrate della convenzione si applicano automaticamente, basta non escluderla dal contratto.
Un contratto, due lingue
Come visto in precedenza, il contratto è valido anche solo in inglese; tuttavia, è senz’altro consigliabile redigere una versione in cinese con testo a fronte. Questo per diversi motivi: in primo luogo, evita che la parte cinese debba provvedere a una traduzione del testo durante le trattative per uso interno (i senior manager spesso non parlano inglese), rallentando così le varie fasi della negoziazione.
Inoltre, per garantire che la parte cinese comprenda appieno il contenuto dell’accordo e per evitare malintesi (reali o strumentali) sull’interpretazione di alcune clausole.
Infine, occorre tenere presente che se il contratto dovesse essere utilizzato davanti a un tribunale o a un’autorità amministrativa in Cina, l’unica lingua ammessa sarebbe il cinese; per questo motivo, è meglio avere già un testo concordato e firmato dalle parti anche in cinese, piuttosto che dover preparare una traduzione in un secondo momento.
Firma. E timbro
Il contratto deve recare il timbro ufficiale della società cinese? Sì, e questo punto è fondamentale. In Cina, il “chop” ufficiale di una società (il timbro a inchiostro rosso) equivale a una firma ed è la prova che la persona che firma il contratto ha l’autorità di rappresentare la società. La sola firma, anche quella di una persona con un titolo importante, può non essere sufficiente se non è accompagnata dal timbro ufficiale. Senza di esso, il contratto potrebbe essere contestato o addirittura considerato nullo. Prima di firmare, verificate sempre che il timbro utilizzato corrisponda a quello registrato nella business license e assicuratevi che il timbro sia applicato su ogni pagina o almeno sulla pagina della firma, in linea con la prassi locale.
Non lasciate il contratto nel cassetto
Le cose cambiano velocemente, soprattutto in Cina. Vengono aggiunti nuovi prodotti, le condizioni di mercato evolvono, le persone lasciano l’azienda, nuovi concorrenti si affacciano all’orizzonte e così via. Le aziende si adattano costantemente alle nuove condizioni e lo stesso deve fare il contratto.
Qualsiasi modifica del rapporto deve essere formalizzata correttamente. Per evitare incomprensioni e controversie, è consigliabile inserire nel contratto una clausola di integrazione, specificando che eventuali modifiche o aggiunte saranno valide solo se concordate per iscritto, firmate dai rappresentanti autorizzati delle parti e allegate come addendum all’accordo originale.
Non è sufficiente, però, inserire questa clausola: bisogna comportarsi di conseguenza e se le cose cambiano, registrare i nuovi accordi secondo quanto previsto nel contratto. Accordi presi a voce, tramite messaggi Wechat e scambi di e-mail possono essere difficili da ricostruire, magari a distanza di anni.