La responsabilità per danno da prodotto difettoso in assenza di garanzia

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Con la Direttiva 85/374/CEE del 25.07.1985, trasfusa nel DPR 224/1988, poi abrogato perché confluito nel D.Lgs. n. 206/2005 (Codice del Consumo), sono state introdotte regole chiare sugli obblighi risarcitori in capo al produttore allorché un prodotto immesso sul mercato si riveli poi difettoso.

Con la successiva Direttiva 2001/95/CE, anch’essa recepita internamente con il D.lgs 172/2004 e successivamente riversata nel  Codice del Consumo, la materia è stata ulteriormente regolamentata sotto il profilo della sicurezza generale dei prodotti.

A livello europeo e nazionale, dunque, i doveri e gli eventuali obblighi risarcitori che derivano dalla distribuzione di un bene difettoso trovano un’organica disciplina in favore del consumatore.

Sebbene i danni da prodotto interessino quotidianamente anche beni acquistati o utilizzati da operatori economici, società, professionisti, ecc., nei rapporti B2B una tale disciplina (organica) manca del tutto.

Ciò non significa che il produttore sia immune dalle responsabilità nei riguardi di un professionista per avere distribuito, direttamente o tramite una rete di rivenditori, un prodotto difettoso.

Caso pratico

Un veicolo acquistato da un autotrasportatore, ormai fuori garanzia, prende fuoco mentre è in sosta (es. per un problema al motore) e l’incendio rende inservibile il mezzo per diverso tempo, con conseguenti perdite di commesse e altro; quali azioni può intraprendere l’autotrasportatore per il ristoro del danno subito e, soprattutto, contro chi deve agire?

Si tratta di una fattispecie del tutto particolare ma non così infrequente: il danneggiato si trova nell’infelice condizione di non potere agire contro il venditore, vuoi per il tempo trascorso dalla compravendita del bene (es. è spirato il termine ex art. 1495 c.c.), vuoi perché è scaduta la garanzia, e l’unica opzione rimasta è quella di intentare causa contro il produttore del mezzo.

Occorre perciò chiedersi se esistano principi o norme di legge che impongono al costruttore di veicoli di risarcire direttamente i danni causati dalla difettosità dei suoi prodotti in assenza di un obbligo contrattuale e quando il danneggiato non è un consumatore.

Prima di tutto, per dottrina e giurisprudenza l’applicabilità della normativa sulla responsabilità per prodotto difettoso trova il suo limite nel soggetto che fa valere il diritto al risarcimento (i “considerando” della Direttiva 85/374/CEE parlano solo di consumatore).

In più, le disposizioni a tutela del consumatore contemplano una precisa tipologia di danno che mal si adatta ai rapporti B2B: infatti, la definizione offerta da tutti i testi consumeristici si rifà ad eventi tragici quali la “… morte …” o le “… lesioni personali …” o a pregiudizi come la “… distruzione di una cosa diversa dal prodotto purché … normalmente destinato all’uso e consumo privato …e … per proprio uso o consumo privato …” (v. art. 9 Direttiva cit. – art. 123 Codice del Consumo), ipotesi tutte che solo un consumatore/persona fisica può lamentare, certamente non i soggetti che interagiscono per motivi commerciali e di business.

A tal proposito la giurisprudenza ha da tempo chiarito che il D.P.R. 224/88, e di riflesso il Codice del Consumo, non considera il c.d. «danno commerciale» prodottosi in capo all’operatore economico nell’esercizio del suo business, ma accorda tutela solo per i danni arrecati alla persona o ai beni del consumatore (Cass. Civ. Sez. III, 07.05.2013, n. 9254 in Danno e Resp., 2015, 11, 1005).

Quanto detto porta ad escludere l’applicabilità del Codice del Consumo e delle disposizioni consumeristiche in generale nei rapporti tra non consumatori ovvero tra società, operatori economici e professionisti.

Riprendendo il caso pratico iniziale, occorre dunque chiedersi quali iniziative rimangano all’impresa che ha subito la perdita del veicolo andato distrutto dall’incendio.

La risposta viene per esclusione: non potendosi applicare le disposizioni del Codice del Consumo per i rilievi già esposti e ed escludendosi la garanzia riconosciuta sul bene compravenduto (nel caso prospettato la garanzia è già scaduta), al danneggiato non resta che agire in forza delle norme comuni in tema di responsabilità da illecito (art. 2043 c.c.), con tutte le conseguenze del caso e quindi tenendo a mente che:

  • Non ci si muove più nell’ambito della responsabilità oggettiva (anche se relativa) del produttore, così come sancita dalla Direttiva 85/374/CEE, ma sul terreno della responsabilità per colpa o dolo;
  • L’onere della prova appare più gravoso in quanto è necessario dimostrare il fatto illecito, il danno, il nesso causale danno/illecito e, soprattutto, l’elemento soggettivo della colpa o del dolo (TORRENTE-SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, XIX ed., Giuffrè, § 473, 869), mentre le disposizioni a tutela del consumatore impongono al danneggiato il solo onere di provare il difetto, il danno e a relazione causale tra difetto e danno, senza scomodare gli elementi soggettivi del dolo e della colpa ora citati;
  • Non si può fare affidamento sulla decadenza decennale del diritto al risarcimento (art. 11 Direttiva 85/374/CEE – art. 126 Codice del Consumo) ma occorre fare i conti con il più breve termine di prescrizione quinquennale dell’illecito extracontrattuale (art. 2947 c.c.);
  • Vi è l’astratta possibilità di scontrarsi con delle clausole di esonero della responsabilità, beninteso applicabili solo tra le parti e limitate a diritti disponibili in assenza di dolo o colpa grave (clausole impensabili in ambito consumeristico per espresso divieto ex art. 124 Codice del Consumo).

Da apprezzare, di contro, che l’azione per fatto illecito può aspirare alla rifusione degli oneri di ripristino del veicolo stesso (es. costi di intervento, traino, ecc.), rimedio riparativo del tutto escluso dalle disposizioni del Codice del Consumo nell’ipotesi di danno da prodotto difettoso (v. art. 123 C.d.C. sopra cit.).

Concludendo sul caso dell’incendio: in assenza della garanzia, l’autotrasportatore dovrà necessariamente agire appellandosi alla responsabilità extracontrattuale del produttore; una strada tutta in salita, non solo perché i Costruttori hanno buon gioco nel contrastare simili istanze risarcitorie pretendendo una rigorosa applicazione alle stringenti regole sull’onere della prova ma anche, e soprattutto, perché ribaltano spesso sull’utilizzatore le responsabilità per omessa o carente manutenzione del veicolo, con un uso sapiente e mirato del concorso di colpa del danneggiato ex artt. 2056 e 1227 c.c..

L’assenza di una disciplina organica sul risarcimento del danno da prodotto difettoso nei rapporti B2B si manifesta in modo tangibile, soprattutto quando bisogna fare i conti con i danni da prodotto a garanzia scaduta; pochi in realtà sembrano avvertire il peso di questo vuoto normativo.

Enrico Storari
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