Contratto di distribuzione commerciale – vendita o servizi?

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E’ assai frequente nella pratica che una relazione commerciale continuativa si instauri poco alla volta, in seguito ad una successione di contratti di vendita, senza che si giunga mai alla firma di un vero e proprio contratto di distribuzione che regoli i reciproci diritti e obblighi.

A prima vista può sembrare una buona soluzione per evitare vincoli o impegni a lungo termine, ma non è sempre così, soprattutto se si opera sul piano internazionale.

Uno dei problemi principali, quando il rapporto contrattuale internazionale non è formalizzato per iscritto, è quello di individuare il giudice competente a conoscere delle eventuali controversie. Nell’Unione Europea la disciplina è contenuta nel Regolamento 1215/2012 (c.d. Bruxelles I bis), il quale prevede all’articolo 7 che, in alternativa al foro del convenuto, in materia contrattuale sia competente il giudice del luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio. Accanto a questa regola generale sono indicati due criteri per individuare quale sia il “luogo di esecuzione” per due tipologie specifiche di contratto: per la compravendita, è il luogo di consegna dei beni; per la prestazione di servizi, il luogo in cui i servizi vengono prestati.  

Pertanto, per individuare il foro competente è di fondamentale importanza ricondurre un contratto all’una o all’altra delle categorie “compravendita” o “prestazione di servizi”.

Se in molti casi la qualificazione non presenta problemi, per un contratto di distribuzione, o di concessione di vendita, la questione può farsi spinosa.

La Corte di Giustizia si è occupata più volte della questione, da ultimo con la sentenza dell’8 marzo 2018 (causa C-64/17) su rinvio di una Corte d’Appello portoghese, in una controversia che opponeva un distributore portoghese, la società Lusavouga, alla società belga Saey Home & Garden, che produce articoli per casa e giardino, tra cui una linea di prodotti con il marchio “Barbecook”.

A seguito della decisione di Saey di interrompere la relazione commerciale, comunicata con una mail del 17 luglio 2014, Lusavouga agiva in Portogallo per ottenere un risarcimento del danno per l’interruzione improvvisa del contratto ed una indennità di clientela. Saey eccepiva l’incompetenza dei giudici portoghesi a conoscere della causa, richiamando le proprie condizioni generali di vendita, menzionate nelle fatture, che indicavano un foro belga.

La vicenda presenta quindi due questioni da risolvere alla luce del Regolamento Bruxelles I bis: la validità di una clausola di scelta del foro contenuta nelle condizioni generali del venditore ai sensi dell’art. 25 del Regolamento e, in caso di risposta negativa alla prima domanda, l’individuazione del foro competente ai sensi dell’art. 7.

La clausola di scelta del foro competente contenuta nelle condizioni generali del venditore ha efficacia nel rapporto di distribuzione?

La società fornitrice considerava evidentemente il rapporto con il rivenditore portoghese solo una serie continuativa di vendite di beni, regolate dalle proprie condizioni generali: di conseguenza, riteneva che qualunque controversia relativa a tale rapporto fosse soggetta alla clausola di scelta del foro belga contenuta in tali condizioni generali.

Occorreva quindi stabilire se si fosse in presenza di una valida clausola di proroga di competenza ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 1 del Regolamento 1215/2012.

Per la giurisprudenza costante della Corte di Giustizia, se la clausola attributiva di competenza è contenuta in condizioni generali di contratto predisposte da una delle parti, occorre che queste siano almeno richiamate nel contratto firmato anche dall’altra parte, al fine di garantire che sussista il consenso effettivo delle parti (sentenza del 14 dicembre 1976, Estasis Salotti di Colzani, c. 24/76; sentenza 16 marzo 1999, Castelletti, c. C-159/97; sentenza del 7 luglio 2016, Höszig, c. C-225/15).  Inoltre, per essere valida la clausola deve riguardare un rapporto giuridico determinato (sentenza del 20 aprile 2016, Profit Investment SIM, c. C-366/13).

Ora, il giudice del rinvio considerava pacifico che il rapporto giuridico oggetto del giudizio fosse un contratto di concessione di vendita, avente ad oggetto la distribuzione dei prodotti Saey in Spagna, contratto non disciplinato per iscritto.

Partendo da questa premessa, risulta evidente che le condizioni generali contenute nelle fatture di Saey non potessero avere alcun rilievo ai fini del contratto di concessione: ammesso che fosse provato il consenso di Lusavouga, il foro belga si sarebbe applicato, semmai, ai singoli contratti di compravendita, ma non alle obbligazioni derivanti dal distinto contratto di distribuzione.

Quale è il foro competente per le obbligazioni derivanti dal contratto di concessione di vendita?

Esclusa la presenza di una clausola di scelta del foro, la competenza si determina in base all’art. 7, punto 1 del Regolamento 1215/2012, per cui diventa essenziale qualificare il contratto di distribuzione quale “compravendita di beni” o “prestazione di servizi”.

La “prestazione di servizi” è stata definita dalla Corte di Giustizia come un’attività, non meramente omissiva, svolta a fronte di una remunerazione (sentenza 23 aprile 2009, Falco, c. C-533/07).

Con le sentenze Corman Collins del 19 dicembre 2013 (c. C-9/12), e Granarolo del 14 luglio 2016 (c. C-196/15), la Corte ha affermato che nel contratto di distribuzione tipico il concessionario svolge un servizio, in quanto contribuisce ad ampliare la diffusione dei prodotti del concedente e riceve una remunerazione sotto forma di vantaggio concorrenziale, accesso a strumenti pubblicitari, know-how o agevolazioni di pagamento. In presenza di tali elementi, il rapporto contrattuale va considerato un contratto di prestazione di servizi. Se, al contrario, la relazione commerciale si limita ad una serie consecutiva di accordi, ciascuno aventi ad oggetto la consegna ed il ritiro di merce, siamo al di fuori del contratto di distribuzione tipico, ed il rapporto contrattuale deve essere qualificato come compravendita di beni.

Una volta qualificato il contratto come prestazione di servizi, occorre determinare “il luogo in cui i servizi sono prestati in base al contratto”: e la Corte precisa che tale luogo va individuato nello Stato membro in cui si trova il luogo della prestazione principale dei servizi, sulla base delle disposizioni del contratto oppure, come in questo caso, dell’esecuzione effettiva dello stesso. Solo qualora sia impossibile determinare tale luogo, si farà riferimento al domicilio del prestatore.

Da come il giudice del rinvio ha descritto il rapporto contrattuale, e da come la Corte di Giustizia intende la prestazione dei servizi del distributore, è logico dedurre che il luogo della prestazione principale dei servizi fosse la Spagna, dove Lusavouga “contribuiva ad ampliare la diffusione dei prodotti” di Saey.

Risulta evidente che né il produttore, né il distributore avrebbero mai voluto una simile soluzione, che avrebbero potuto però evitare disciplinando il rapporto per iscritto e stipulando una clausola di scelta del foro.

Parimenti, dall’esterno può sembrare discutibile l’apparente convinzione dei giudici portoghesi di trovarsi in presenza di un vero e proprio contratto di concessione di vendita, quando molti elementi potrebbero far pensare il contrario: ma anche sotto questo aspetto, la mancanza di un contratto scritto lascia spazio ad interpretazioni che possono portare a conseguenze impreviste, e potenzialmente assai rischiose.

In conclusione, l’opportunità di disciplinare i rapporti commerciali di distribuzione con un contratto scritto è evidente, non solo perché consente di evitare le situazioni di incertezza descritte, ma anche perché documenta l’accordo tra le parti su altri importanti elementi che è bene non lasciare indeterminati: l’eventuale  esclusiva territoriale o per certi canali di vendita, la durata del rapporto e il periodo di recesso, gli eventuali obblighi promozionali, la titolarità dei dati dei clienti finali, la possibilità e le modalità di vendita dei prodotti online.

Irene Grassi
  • Diritto internazionale privato
  • Distribuzione
  • Contenzioso

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