Il Contratto di Agenzia Commerciale in Italia

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Come sono regolati i contratti di agenzia in Italia?

In Italia, i contratti di agenzia commerciale sono regolati principalmente dagli articoli da 1742 a 1753 del Codice Civile. Queste norme di legge sono state più volte modificate a seguito dell'adozione della Direttiva Europea 653/86/CE (si veda la sezione UE di questa Guida).

Oltre alle norme del Codice Civile, anche gli Accordi Economici Collettivi ("Accordi Economici Collettivi", o "AEC") contengono importanti norme che disciplinano i contratti di agenzia.

Gli AEC sono accordi stipulati periodicamente tra associazioni che rappresentano committenti e agenti in diversi settori (ad esempio industria, commercio e molti altri).

Molti degli AEC non sono leggi, ma contratti collettivi che vincolano solo i preponenti e gli agenti che fanno parte di queste associazioni.

Tuttavia, la maggior parte dei contratti di agenzia tra preponenti italiani ed agenti italiani sono regolati dagli AEC.

In generale, gli AEC intendono dare attuazione alle norme del Codice Civile e a quelle della Direttiva 653/86. Tuttavia, gli AEC spesso si discostano da tali norme ed alcune differenze sono sostanziali (si vedano, ad esempio, le norme sulle modifiche unilaterali di alcune clausole contrattuali; i termini di preavviso per la risoluzione del contratto; la retribuzione per il patto di non concorrenza post-contrattuale; l'indennità di risoluzione del rapporto).

Ciò ha causato problemi di conformità al Codice Civile e alla Direttiva CE che non sono ancora stati risolti dai tribunali.

Per quanto riguarda in particolare l'indennità di fine rapporto, alcune sentenze della Corte di Giustizia dell'Unione Europea hanno stabilito che il regime AEC è in contrasto con la Direttiva, ma la costante giurisprudenza dei tribunali italiani mantiene ancora in vigore le disposizioni in materia di indennità AEC.

È opinione comune che l'ambito geografico di applicazione delle AEC sia limitato al territorio italiano. Pertanto, spesso si applicano ai contratti di agenzia che sono disciplinati dalla legge italiana e sono eseguiti dall’agente in Italia, quando entrambe le parti o almeno il preponente sono membri delle associazioni che stipulano gli AEC.

Nei contratti internazionali di agenzia, gli AEC si applicano generalmente in circostanze limitate, soprattutto quando le parti vi fanno esplicito riferimento nel contratto, o quando sono applicati di fatto; a quest'ultimo caso un committente straniero dovrebbe prestare particolare attenzione in quanto potrebbe portare ad un'applicazione "nascosta" degli AEC.

Sebbene in Italia i contratti di agenzia siano regolamentati in modo piuttosto incisivo, vi è certamente ancora spazio per la libertà delle parti di strutturare adeguatamente il contratto e di cercare di includere clausole che le proteggano adeguatamente. Tuttavia, il complesso sistema italiano deve essere preso in considerazione in un attento esercizio di redazione.


Quali sono le differenze rispetto gli altri intermediari?

Secondo la legge italiana, l’agente è una persona fisica o giuridica che viene nominata per promuovere in modo stabile la conclusione di contratti in un determinato settore per conto di un'altra parte (il preponente) ed è remunerata per tale compito.

Se non diversamente concordato, l’agente ha il diritto di esclusiva nell'area per la quale è stato nominato (che è tipicamente un'area geografica, tuttavia, potrebbe essere una categoria di clienti e/ o una gamma di prodotti).

D'altra parte, anche in questo caso, salvo accordi diversi, un agente non può agire in concorrenza con il preponente nell'ambito dell'area assegnatagli per tutta la durata del rapporto di agenzia. Il patto di non concorrenza può essere esteso ad un ulteriore periodo dopo la cessazione del rapporto di agenzia, che non può superare i 2 anni. In tal caso, il patto di non concorrenza è remunerato (si veda la risposta alla domanda n.6 per maggiori dettagli).

Un agente è un imprenditore indipendente, e questa caratteristica distingue gli agenti dai dipendenti incaricati di promuovere le vendite in un determinato settore per conto del datore di lavoro.

Un agente è incaricato di svolgere un'attività promozionale continua e stabile. Questa caratteristica di collaborazione stabile e continuativa contraddistingue gli agenti dai "procacciatori d'affari occasionali" ("procacciatori d'affari"). Il "procacciatore" è tipicamente remunerato dal committente solo per averlo messo in contatto con un altro soggetto per un singolo affare, o in cambio di un’attività di intermediazione occasionale, non stabile o continuativa.

Mentre in teoria le distinzioni di cui sopra sembrano abbastanza semplici, in pratica spesso non è facile stabilire se un particolare rapporto è fra preponente ed agente, o tra preponente ed intermediario occasionale, o tra datore di lavoro e dipendente.

Vi sono state molte controversie su questi temi, poiché qualificare un rapporto in un modo o nell'altro può portare a conseguenze molto diverse, soprattutto quando tale rapporto giunge al termine. Nel qualificare il rapporto da un punto di vista legale, i tribunali verificheranno certamente se è stato stipulato un contratto scritto adeguato (cosa che purtroppo non accade così spesso), oltre ad esaminare le circostanze specifiche del singolo caso.

I distributori e gli agenti sono, sempre in teoria, molto diversi. In genere, i distributori acquistano e rivendono i prodotti o i servizi di un preponente in nome e per conto proprio, in un'area o in un paese specifico. Gli agenti viceversa procurano contratti di vendita che vengono poi conclusi dal preponente a suo nome, oppure concludono - a condizione che l'agente ne sia espressamente autorizzato - contratti di vendita in nome e per conto del preponente. Gli obblighi promozionali e di collaborazione possono tuttavia essere molto simili.

Vale la pena notare che i contratti di distribuzione in Italia non sono regolati dalla legge, e i tribunali finora non hanno, a nostra conoscenza, esteso ai distributori le regole e le tutele che la legge riconosce agli agenti commerciali.

I mediatori hanno alcune analogie con gli agenti e gli intermediari occasionali, poiché i mediatori mettono in contatto due parti per concludere un unico affare e sono remunerati per questo. Tuttavia, la differenza essenziale tra i due è che un mediatore - come stabilito dall'articolo 1754 del Codice Civile - è totalmente indipendente da entrambe le parti, mentre un intermediario occasionale agisce nell'interesse del committente.


Come nominare un agente di commercio in Italia?

Generalmente, secondo la legge italiana, i contratti possono essere stipulati per iscritto, oralmente, o anche in modo tacito, mediante esecuzione. Tuttavia, ai sensi dell'art. 1742 del Codice Civile, il contratto di agenzia deve essere provato per iscritto e ciascuna delle parti ha diritto di ricevere dall'altra parte un documento, firmato da quest'ultima, contenente il contenuto del contratto e le clausole aggiuntive. A tale diritto non si può rinunciare.

Gli agenti italiani devono essere iscritti all'Enasarco, una fondazione di diritto privato che gestisce un fondo di previdenza complementare per gli agenti, e un fondo di trattamento di fine rapporto, denominato "FIRR" (riferito al trattamento di fine rapporto calcolato secondo i criteri stabiliti dagli AEC).

Ogni volta che un contratto di agenzia è rilevante per l'Enasarco, il preponente deve comunicare alla Fondazione che il contratto di agenzia è stato stipulato, entro 30 giorni dalla data del contratto. Inoltre, i contributi ai fondi Enasarco devono essere versati regolarmente per tutta la durata del contratto.

Infine, dovrà essere comunicata anche la risoluzione del contratto. L'Enasarco verserà quindi all'agente parte delle indennità di fine rapporto previste dall’AEC, conteggiate sui contributi regolarmente versati nel corso del rapporto. Il resto delle indennità di fine rapporto (se dovute) sarà pagato dal preponente.

Tale obbligo di iscrizione riguarda principalmente agenti italiani di preponenti italiani e stranieri. In alcuni casi, tuttavia, essa riguarda anche gli agenti che operano al di fuori del territorio italiano, soprattutto quando vi sono legami con l'Italia (ad esempio, secondo il Ministero del Lavoro italiano, gli agenti non residenti che hanno il loro principale centro di interesse in Italia, e gli agenti che operano abitualmente in Italia ma svolgono la loro attività all'estero per non più di 24 mesi, devono essere iscritti all'Enasarco). Potete consultare questo post su Legalmondo per maggiori informazioni su questo punto.

Attualmente, gli agenti italiani hanno obblighi di registrazione. Chiunque voglia avviare un'attività di agente commerciale in Italia deve presentare una "SCIA" (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) presso la Camera di Commercio localmente competente. La Camera di Commercio registra poi l'agente presso il Registro delle Imprese se l'agente è organizzato come società commerciale, altrimenti lo registra presso una sezione speciale del "REA" (Repertorio Economico Amministrativo) della stessa Camera (si veda il Decreto Legislativo n.59 del 26.3.2010, di attuazione della Direttiva 2006/123/CE "Direttiva Servizi").

Anche se la mancanza di registrazione non invalida il contratto di agenzia, essa è comunque un requisito obbligatorio.

Come sono regolati in Italia i diritti di esclusiva dell’Agente?

Secondo la legge italiana, il concetto di “esclusiva” è legato all’ “area” nella quale l’agente è stato incaricato di operare in base al contratto di agenzia. Un’ “area” può essere costituita da un territorio geografico e/o da una categoria di clienti o da un canale commerciale specifico e/o dal tipo di prodotti che l’agente è autorizzato a commercializzare.

Entro questo ambito, il diritto di esclusiva dell’agente è previsto dalla legge, se non diversamente concordato. In particolare, ai sensi dell’Art. 1743 del Codice Civile, il preponente non può avere più di un agente contemporaneamente per la stessa area e per la stessa attività.

Inoltre, l’Art. 1748 del Codice Civile dà all’agente il diritto ad una provvigione sugli affari conclusi dal preponente con i clienti appartenenti all’area, o al gruppo o categoria di clienti riservati all’agente, anche quando la transazione viene conclusa senza l’intervento dell’agente (“affare diretto”), salvo patto contrario.

In ogni caso, vale la pena notare che i tribunali italiani possono considerare una continua interferenza da parte del preponente sul territorio dell’agente come una violazione del contratto. Ne consegue che il preponente dovrebbe accertarsi che i suoi affari diretti nel territorio dell’agente siano limitati a vendite occasionali, pagando la provvigione all’agente su tali vendite.

Una questione interessante può sorgere quando il preponente vende a clienti nel territorio dell’agente tramite terzi situati in un paese diverso (ad es. distributori, gruppi di acquisto, società controllate, ecc.) i quali comprano i prodotti dal preponente e li rivendono ai clienti nel paese dell’agente.

Con sentenza pronunciata il 17 gennaio 2008 nella causa C-19/07, la Corte di Giustizia UE ha dichiarato in un caso analogo che un agente commerciale a cui sia stata affidata un’area geografica specifica non ha il diritto ad una provvigione per le transazioni concluse da clienti appartenenti a tale zona senza alcuna azione, diretta o indiretta, da parte del committente. La Corte di Cassazione italiana ha confermato lo stesso principio in un paio di occasioni. Perciò, per rispondere alla domanda se l’agente sia autorizzato ad una provvigione sulle transazioni eseguite dal preponente tramite terze parti, appare necessario fare una valutazione caso per caso del ruolo del preponente nella transazione.

Le parti dovrebbero considerare l’inserimento di clausole specifiche nel contratto di agenzia per disciplinare tali questioni Inoltre, dovrebbero essere previste clausole appropriate per disciplinare il diritto dell'agente ad essere remunerato sulle operazioni che coinvolgono sia il suo territorio sia altri territori (ad esempio, ordini provenienti da clienti nel territorio dell'agente per prodotti da consegnare in territori diversi, o viceversa) considerando che altri agenti in tali diversi territori potrebbero avere simili diritti.

Per quanto riguarda i diritti di “esclusiva” del preponente, l’Art. 1743 del Codice Civile stabilisce che, salvo patto contrario, l’agente non può accettare di essere nominato da più preponenti in concorrenza tra di loro, nello stesso territorio e per lo stesso tipo di attività.

D’altro canto, l’agente può in linea di principio rappresentare più di un preponente, a patto che non siano concorrenti. In ogni caso è possibile che un agente sia vincolato a rappresentare un solo preponente. Gli Accordi Economici Collettivi nello specifico regolano questo tipo di agenti, riservando loro disposizioni più protettive (ad es. prevedendo periodi di preavviso più lunghi e importi più alti come indennità di fine rapporto).

Le parti di un contratto di agenzia dovrebbero pertanto specificare chiaramente le limitazioni dell'agente a rappresentare terzi o a svolgere egli stesso l'attività.

Considerando che il più delle volte all’agente è proibito rappresentare concorrenti ed esercitare attività in concorrenza, è inoltre consigliabile definire nel contratto cosa si intende per “attività concorrente” in modo da evitare equivoci. Anche l’indicazione delle altre società che l'agente rappresenta - e che può continuare a rappresentare - è piuttosto usuale.

L’Agente ha diritto alle provvigioni sulle vendite online concluse da un preponente straniero con clienti nel Paese dell’agente?

Se l’agente ha il diritto di esclusiva su un determinato territorio come previsto dalla legge e/o dal contratto, egli ai sensi dell’art.1748 del Codice Civile può pretendere una provvigione su ogni e qualsiasi vendita che il preponente faccia a tutti i clienti situati in tale territorio, sempre che ovviamente si tratti di clienti e di prodotti che rientrano nell’oggetto del contratto di agenzia.

Non sembrano quindi fare eccezione le vendite online fatte dal preponente direttamente a tale clientela, dato che l’esclusiva si applica indifferentemente dalle modalità di conclusione del contratto di vendita.

Il contratto potrà prevedere diversamente, purché lo faccia in maniera chiara ed esplicita, viceversa – come abbiamo visto – il diritto di esclusiva dell’agente è previsto dalla legge in modo automatico.

In certi casi, i preponenti potranno considerare il riconoscimento agli agenti di una provvigione sulle vendite online, specialmente quando vi sia un interesse comune a sviluppare questa modalità di vendita al fine di incrementare gli affari e/o quando l’agente svolga comunque un ruolo nelle transazioni online (ad esempio, l’agente potrà svolgere assistenza post vendita, ricevere e gestire reclami dai clienti, ecc.).

A quali condizioni l’agente può essere vincolato da un patto di non concorrenza durante e dopo la cessazione del contratto di agenzia?

A differenza dell’obbligo di non concorrenza nel corso del rapporto contrattuale, che è previsto dalla legge salvo patto contrario, l’assunzione del medesimo obbligo per un periodo successivo alla cessazione del contratto vale solo se espressamente concordata fra le parti per iscritto.

L’art.1751-bis del Codice Civile, oltre a prevedere il requisito obbligatorio della forma scritta, stabilisce che, per essere valido, tale patto di non concorrenza post contrattuale:

  • debba riguardare la medesima zona, clientela e genere di prodotti e servizi per i quali era stato concluso il contratto di agenzia, e
  • non possa avere una durata superiore a due anni successivi alla cessazione del rapporto,
  • il preponente debba alla cessazione del contratto corrispondere all’agente un’indennità speciale, quale corrispettivo per il patto di non concorrenza. La norma precisa che tale indennità debba avere “natura non provvigionale”. Questo sembra implicare che non è possibile includere l’importo di tale indennità nelle provvigioni normalmente pagate all’agente per la sua attività.


Secondo l’art.1751-bis, l’indennità di cui al precedente paragrafo deve essere commisurata alla durata ed alla natura del contratto ed all’indennità di fine rapporto. La quantificazione dell’indennità dovrebbe essere concordata fra le parti, che dovranno tenere conto degli accordi economici collettivi. In difetto di accordo, l’indennità è determinata dal giudice in via equitativa anche con riferimento: 1) alla media dei corrispettivi riscossi dall’agente durante il contratto ed alla loro incidenza sul volume di affari complessivo nello stesso periodo; 2) alle cause di cessazione del contratto; 3) all’ampiezza della zona assegnata all’agente; 4) all’esistenza o meno del vincolo di esclusiva per un solo preponente (agente monomandatario).

Gli AEC contengono norme e criteri di calcolo specifici per l’indennità per il patto di non concorrenza post-contrattuale. Va notato che gli stessi limitano l’indennità solo agli agenti aventi una determinata forma giuridica (persone fisiche, certi tipi di società). Si ricorda inoltre che gli AEC potrebbero non applicarsi in molti contratti internazionali di agenzia.

In considerazione di tutto ciò, ogniqualvolta le parti concordino di includere un patto di non concorrenza post-contrattuale in un contratto di agenzia, esse dovrebbero redigere la clausola con attenzione tenendo conto tutti i requisiti di legge, inclusi i criteri per la quantificazione.

La legge applicabile ad un contratto di agenzia internazionale in Italia

Secondo la legge italiana, un contratto è considerato “internazionale" in qualsiasi "situazione che comporta un conflitto di leggi".

Le situazioni che più spesso comportano un conflitto di leggi nei contratti di agenzia - rendendoli "internazionali" - sono (i) la localizzazione della sede del preponente in un paese diverso da quella dell'agente; oppure (ii) l'esecuzione del contratto all'estero, anche quando la sede del preponente e quella dell'agente si trovano entrambe nello stesso paese.

È in effetti possibile che un contratto di agenzia internazionale sia regolato da una legge diversa da quella italiana.

Prima di tutto, questo può essere ottenuto inserendo una chiara clausola di scelta della legge in un contratto scritto di agenzia, che ha l'effetto di sottoporre il contratto a una legge straniera.

Le condizioni di validità ed efficacia di una scelta di legge, nonché i limiti di tale scelta, sono stabiliti dall'articolo 3 del Regolamento (CE) n.593/2008 (Regolamento "Roma I") (vedi parte UE di questa Guida).

Una legge straniera (cioè una legge diversa da quella italiana) può disciplinare un contratto di agenzia internazionale anche in assenza di una scelta di legge, In particolare, la legge del Paese di "residenza abituale" dell'agente (cioè la sede dell'amministrazione centrale, o la sede principale di attività) si applica ai sensi dell'articolo 4 del Regolamento Roma I (vedi parte UE di questa Guida).

Il preponente italiano deve quindi essere a conoscenza di questa disposizione e, per evitare che un rapporto con un agente straniero sia disciplinato da una legge straniera, deve includere nel contratto di agenzia una chiara clausola di scelta della legge che preveda l'applicazione della legge italiana.

Inoltre, per confermare l'efficacia della scelta di cui sopra, sarebbe generalmente prudente abbinare a tale disposizione una clausola che stabilisca che i tribunali italiani sono competenti per ogni e qualsiasi controversia.

Al contrario, un preponente straniero, in un contratto di agenzia con un agente la cui sede principale è in Italia, potrebbe voler includere una clausola di scelta della legge e una clausola di giurisdizione se vuole evitare l'applicazione della legge italiana.

La scelta di una legge straniera (nei limiti previsti dal Regolamento Roma I) esclude necessariamente l'applicazione degli Accordi Economici Collettivi italiani (AEC).

Clausole di risoluzione delle controversie nei contratti di agenzia in Italia

Eventuali controversie derivanti da un contratto di agenzia internazionale possono essere sottoposte alla giurisdizione di tribunali giudiziari o arbitri stranieri.

Questo può essere ottenuto attraverso un accordo sulla giurisdizione. L'art.25 del Regolamento UE n.1215/2012 ("Regolamento Bruxelles 1-bis") consente di concludere tale accordo in vari modi (vedi parte UE di questa Guida).

Tuttavia, il modo più sicuro per concordare la giurisdizione è quello di includere una clausola di scelta del foro corretta e chiara nel contratto di agenzia, specificando almeno il paese i cui tribunali saranno competenti per tutte le controversie derivanti dal contratto.

Per quanto riguarda l'eventuale sottoposizione di controversie derivanti da un accordo di agenzia internazionale ad arbitri stranieri, ciò è spesso possibile in quanto l'Italia fa parte dei più importanti trattati internazionali sul riconoscimento dei lodi arbitrali (ad esempio la Convenzione di New York) e dispone di proprie norme di procedura civile sull'arbitrato internazionale.

Pertanto, è generalmente possibile considerare l'inserimento di un'adeguata clausola arbitrale in un contratto di agenzia.

Tuttavia, in un caso tale scelta potrebbe rivelarsi inefficace. È il caso in cui una persona fisica (o ditta individuale) residente in Italia e con sede principale nello stesso Paese viene nominata agente.

Questo perché le controversie con i singoli agenti italiani ricadrebbero nella competenza esclusiva dei tribunali del lavoro (cfr. art. 409 del Codice di Procedura Civile).

Ne consegue che i rapporti di agenzia con i singoli agenti in Italia sono considerati simili a quelli di lavoro e quindi una clausola arbitrale potrebbe essere a rischio di essere giudicata inefficace in quanto relativa ad una materia non arbitrabile. Questo, tuttavia, non sembra inficiare la validità di una clausola di scelta di un eventuale tribunale straniero secondo il Regolamento Bruxelles 1-bis.

In assenza di scelta di un foro giudiziario o arbitrale straniero, il foro competente per le controversie in un contratto di agenzia internazionale è principalmente regolato come segue.

Ai sensi del Regolamento Bruxelles 1-bis, e del diritto internazionale privato italiano, in linea di principio è competente il foro del domicilio del convenuto, oppure, in alternativa al “foro del convenuto”, il regolamento Bruxelles 1-bis consente di portare le controversie dinanzi ai tribunali del "luogo di esecuzione" (vedi parte UE di questa Guida).

Pertanto, se un preponente italiano desidera sottoporre tutte le controversie con un agente straniero ai tribunali italiani, o se un preponente straniero desidera sottoporre le controversie ai propri tribunali, nel contratto di agenzia deve essere inclusa una clausola di scelta del foro competente/ arbitrato (tenendo conto di eventuali norme imperative esistenti nel paese dell'agente).

L'efficacia di una clausola di scelta del foro è spesso da valutare in relazione alla possibilità di far riconoscere ed eseguire la sentenza in un altro paese.

Risoluzione del contratto di agenzia internazionale in Italia

I contratti di agenzia hanno lo scopo di stabilire una collaborazione permanente e continuativa tra agente e preponente.

Secondo la legge italiana, i contratti di agenzia possono essere stipulati per un periodo di tempo determinato o indeterminato. Se viene concordato un periodo di tempo determinato, il contratto scadrà e il rapporto terminerà naturalmente alla data di scadenza originariamente prevista. Il rinnovo automatico per ulteriori periodi può essere applicato solo se espressamente concordato. In generale, un contratto di agenzia stipulato per una durata limitata non può essere risolto anticipatamente, a meno che non si verifichino situazioni particolari (ad esempio, in caso di violazione sostanziale del contratto).

Se il contratto di agenzia non ha durata limitata, ai sensi dell'art. 1750 del Codice Civile, ciascuna delle parti può recedere unilateralmente in qualsiasi momento senza giusta causa, con un preavviso da uno a sei mesi a seconda della durata effettiva del rapporto al momento della notifica del recesso.

Tale termine di preavviso è: di un mese se il recesso viene notificato nel corso del primo anno del rapporto; di due mesi se il recesso viene notificato nel corso del secondo anno; tre mesi se notificato durante il terzo anno; quattro mesi se notificato durante il quarto anno; cinque mesi se notificato durante il quinto anno; sei mesi se notificato durante o dopo il sesto anno.

Vale la pena notare che le AEC prevedono termini di preavviso parzialmente diversi (più lunghi). Pertanto, è importante verificare se le AEC si applicano o meno a uno specifico contratto di agenzia.

Naturalmente è possibile la risoluzione per inadempimento. Si veda il paragrafo successivo per maggiori dettagli.

Eventuali esempi di "giusta causa" che giustifichino una risoluzione anticipata del contratto di agenzia (da parte del committente o dell'agente) secondo la legge italiana

Secondo i principi generali del diritto italiano (art.1453 del Codice Civile), una delle parti può ottenere la risoluzione del contratto con sentenza giudiziale, in caso di inadempimento contrattuale dell’altra parte, sempre che tale violazione sia “di non scarsa importanza”, ovvero grave. In questi casi, sarà il giudice se accoglie la domanda a pronunciare la risoluzione con sentenza.

Sempre secondo i principi generali, la risoluzione unilaterale del contratto può essere ottenuta da una delle parti senza bisogno di avviare una causa, in uno dei seguenti modi:

  • mediante “diffida ad adempiere” (art.1454 del Codice Civile) ovvero una comunicazione formale con la quale una parte contesta all’altra un grave inadempimento, avvertendola che nel caso in cui non venga posto rimedio a tale inadempimento entro 15 giorni (salva diversa pattuizione contrattuale) il contratto si risolverà immediatamente ed automaticamente di diritto; oppure
  • avvalendosi di una “clausola risolutiva espressa” (art.1456) ovvero una clausola nel contratto che espressamente consenta ad una o entrambe le parti di risolvere il contratto medesimo in via stragiudiziale con effetto immediato, qualora l’altra parte sia inadempiente ad uno o più degli obblighi che la clausola deve esplicitamente menzionare. Quando una parte viola uno degli obblighi specificati nella clausola, l’altra può immediatamente notificare la risoluzione del contratto senza preavviso. In linea di principio, la parte che risolve il contratto ai sensi di tale clausola non è tenuta a dimostrare la gravità della violazione, poiché si presume che le parti abbiano fatto questa valutazione nel momento in cui l’hanno inserita nella clausola contrattuale.


Le parti di un contratto di agenzia possono avvalersi di entrambe le predette modalità di risoluzione anticipata.

In aggiunta, la giurisprudenza spesso applica al contratto d’agenzia l’art.2119 del Codice Civile, per analogia con il contratto di lavoro subordinato. Questa norma consente ad una parte del contratto di lavoro (datore di lavoro o lavoratore) di recedere dal contratto con effetto immediato “per giusta causa”, vale a dire una causa talmente grave che non consenta di continuare nemmeno provvisoriamente il rapporto, trattandosi di una grave violazione del rapporto di fiducia. Non necessariamente deve trattarsi di un inadempimento contrattuale dell’altra parte: secondo la giurisprudenza, possono rilevare comportamenti anche esterni al contratto che influenzano negativamente l’affidabilità della controparte.

Qui di seguito si riportano alcuni esempi di inadempimento che i giudici spesso considerano quale motivo valido per il recesso rispettivamente da parte del preponente e dell’agente:

  • inadempimenti dell’agente che giustificano il recesso del preponente: violazione del divieto di concorrenza, sua ritenzione illegittima di somme spettanti al preponente, sua totale inattività;
  • inadempimenti del preponente che giustificano il recesso dell’agente: mancato pagamento di provvigioni, violazione del diritto di esclusiva.


Per quanto riguarda il mancato raggiungimento di risultati od obiettivi di vendita da parte dell’agente, va premesso che in linea di principio l’agente è tenuto ad operare professionalmente adoperandosi per procurare determinati risultati al preponente, non essendo tuttavia responsabile se tali risultati non vengano raggiunti, a meno che questo obbligo e le conseguenze della sua violazione non siano stati espressamente pattuiti nel contratto in maniera chiara.

Qualora la clausola esplicitamente consenta al preponente di risolvere il contratto nel caso di mancato raggiungimento da parte dell’agente di determinati obiettivi minimi di fatturato, questa clausola in linea di principio dovrebbe considerarsi valida ed efficace.

Tuttavia, alcune sentenze hanno stabilito che, quando il preponente risolve il contratto a causa del mancato raggiungimento degli obiettivi di vendita da parte dell’agente, anche se tale risoluzione sia esplicitamente consentita dal contratto, il giudice ha il potere di valutare se la violazione fosse di gravità tale da giustificare la risoluzione anticipata del contratto da parte del preponente.

Di conseguenza, il preponente dovrebbe valutare sempre tutte le circostanze prima di decidere se avvalersi della risoluzione del contratto per mancato raggiungimento dei minimi concordati: ad esempio, gli obbiettivi dovrebbero essere fissati con ragionevolezza, le cause del mancato raggiungimento dovrebbero essere analizzate, si dovrebbe verificare se il calo delle vendite si è verificato solo nella zona di quel determinato agente o anche in altre, se il preponente avesse tollerato simili inadempimenti in precedenza, ecc..

In ogni caso, è consigliabile inserire nel contratto in maniera chiara e specifica la possibilità di risolvere anticipatamente il contratto, nonché gli inadempimenti o altri motivi che possono consentire la risoluzione, oltre alla procedura.

Se la risoluzione del contratto da parte del preponente avviene per una “inadempienza imputabile all’agente, la quale, per la sua gravità, non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rapporto”, non sarà dovuta all’agente l’indennità di risoluzione del rapporto in base all’art.1751 del Codice Civile.

Indennità di fine rapporto

La legge italiana dà all’agente il diritto di ricevere un’indennità in caso di risoluzione del contratto di agenzia, ai sensi dell'articolo 1751 del Codice Civile che recepisce gli articoli 17 e 18 della Direttiva CE 86/653, in particolare la cosiddetta indennità "di tipo tedesco".

L'indennità è dovuta all'agente se sono soddisfatte le seguenti condizioni:

  • ha portato al preponente nuovi clienti o ha aumentato in modo significativo gli affari con i clienti esistenti e il preponente continua a trarre notevoli benefici dall'attività con tali clienti, e
  • il pagamento di tale indennità è equo in considerazione di tutte le circostanze e, in particolare, della provvigione persa dall'agente commerciale derivante dall'attività con tali clienti.


L'importo dell'indennità non può superare una cifra equivalente a un'indennità di un anno calcolata sulla base della retribuzione media annua dell'agente commerciale nei cinque anni precedenti e, se il contratto risale a meno di cinque anni, l'indennità è calcolata sulla media del periodo in questione.

L'indennità o il risarcimento di cui all'articolo 17 non sono dovute:

  • nel caso in cui il preponente abbia risolto il contratto di agenzia a causa di un’inadempienza imputabile all'agente commerciale che sia talmente rilevante da impedire la prosecuzione anche temporanea del rapporto; oppure
  • nel caso in cui l'agente commerciale abbia risolto il contratto di agenzia, a meno che tale cessazione non sia giustificata da circostanze attribuibili al preponente o da circostanze attribuibili all'agente, quali l'età, l'infermità o la malattia, in conseguenza delle quali non gli può essere ragionevolmente richiesto di continuare la sua attività; o in caso di morte dell'agente;
  • laddove, con l'accordo del preponente, l'agente commerciale ceda a terzi i diritti e i doveri derivanti dal contratto di agenzia.


La concessione di tale indennità non impedisce all'agente commerciale di chiedere il risarcimento dei danni. In pratica, l'agente può chiedere il risarcimento dei danni in caso di risoluzione illegittima del contratto da parte del preponente o in caso di risoluzione del contratto da parte dell'agente a causa della violazione del contratto da parte del preponente.

L'agente commerciale perde il diritto all'indennità se non ha notificato al preponente la sua intenzione di far valere il suo diritto entro un anno dalla risoluzione del contratto.

Le parti non possono derogare alle disposizioni in materia di indennità a scapito dell'agente commerciale, il che significa che una clausola del contratto di agenzia che neghi in tutto o in parte l'indennizzo dell'agente non sarebbe valida.

Come detto in precedenza, anche gli AEC prevedono varie indennità di fine rapporto per gli agenti commerciali. La maggior parte di tali indennità è calcolata come percentuale dell'importo totale delle provvigioni che l'agente ha maturato durante il rapporto di agenzia, indipendentemente dal fatto che l'agente abbia o meno soddisfatto le condizioni di cui all'articolo 1751 del Codice Civile come sopra descritto.

Si può quindi affermare con certezza che tali indennità non soddisfano i requisiti previsti dalla Direttiva CE e dal Codice Civile. A seguito di alcune sentenze della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, le quali hanno dichiarato che tali indennità erano in conflitto con la Direttiva, i più recenti AEC hanno modificato solo parzialmente il loro sistema di indennità, introducendo ulteriori elementi che in qualche modo riprendono i principi della Direttiva.

I tribunali italiani affermano ripetutamente che il sistema di indennità degli AEC è valido (nei casi in cui si applicano gli AEC) affermando che il regime degli AEC è più favorevole agli agenti in quanto sistema di "indennità minima" per coloro che non soddisfano i requisiti del codice civile. In pratica, le indennità AEC saranno concesse ad un agente a meno che egli non sia in grado di dimostrare che, applicando le norme del Codice Civile e della Direttiva, avrebbe diritto ad un importo più elevato, nel qual caso gli sarà concesso tale importo più elevato.

Un agente commerciale in Italia può essere considerato come “stabile organizzazione” di un preponente straniero dal punto di vista della legislazione fiscale? A quali condizioni?

Secondo il modello OCSE di convenzione contro la doppia imposizione fiscale e le leggi italiane in materia di imposte sul reddito, un agente commerciale può essere considerato come una "stabile organizzazione" di una società straniera in Italia (precisamente, una "stabile organizzazione personale") in alcuni casi.

In particolare, ciò può verificarsi quando all'agente è affidato il potere di negoziare e concludere contratti di vendita a nome e per conto del preponente straniero ed esercita tale potere su base regolare e continuativa.

Se si ritiene che una società straniera abbia una stabile organizzazione in Italia, tale società straniera è obbligata a presentare una dichiarazione dei redditi in Italia per quanto riguarda il reddito prodotto in Italia e a pagare le tasse in Italia di conseguenza.

Tuttavia, secondo le stesse norme dell'OCSE e della legge italiana, non vi è stabile organizzazione se la società straniera svolge affari in Italia per mezzo di un broker, un commissionario generale o un altro intermediario avente uno status indipendente e che agisce nell'ambito della propria attività ordinaria.

I seguenti criteri aiutano a valutare lo status indipendente di un intermediario: il livello di indipendenza giuridica e commerciale; la natura e la portata dei suoi doveri; le istruzioni impartite e il grado di controllo esercitato dal committente; il rischio imprenditoriale.

Altre particolarità

Ci sono molti altri importanti aspetti legali da considerare quando si nomina un agente in Italia. Alcuni di essi sono menzionati qui di seguito.

Le provvigioni sono dovute quando viene concluso un contratto di vendita, il che significa, di solito, quando il committente accetta l'ordine di acquisto del cliente. Le parti possono tuttavia (e spesso lo fanno) derogare a tale regola: ad esempio, un preponente può desiderare che il contratto di agenzia preveda la maturazione del diritto alla provvigione solo quando il cliente paga effettivamente il prezzo di acquisto.

Un agente non può essere generalmente ritenuto responsabile per il mancato pagamento da parte dei clienti, in quanto la clausola "star del credere" non è più consentita in Italia. L'agente può semplicemente garantire per il mancato pagamento da parte del cliente in relazione a singole transazioni commerciali di particolare importanza e tale garanzia non può superare un importo pari alla provvigione che sarebbe altrimenti dovuta.

Il pagamento delle provvigioni è dovuto entro e non oltre i termini tassativi previsti dal Codice Civile. L'agente ha forti diritti di controllo sui libri contabili del preponente per verificare l'importo delle provvigioni a lui spettanti. L'agente può richiedere un provvedimento del tribunale se tali diritti di ispezione sono negati.

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